Omicidio Cordì, la pesante sentenza del Tribunale che condanna i colpevoli. I dettagli

Da poche ore, quindi, si è saputo quello che è stato deciso per coloro che hanno collaborato per l’omicidio del cameriere.

luogo ritrovamento cordì
Il luogo del ritrovamento del corpo di Vincenzo Cordì (Facebook)

Si tratta di una vicenda di cui si è parlato già del tempo fa, in particolare, nel 2019, ai tempi della scoperta agghiacciante di quello che in seguito è stato definito come Omicidio Cordì.

Quest’ultimo, infatti, era il cognome della vittima che perse la vita in circostanze tragiche, e sulle prime, alquanto misteriose. In effetti, il corpo di Vincenzo era stato inspiegabilmente trovato carbonizzato all’interno della propria automobile.

In particolare, Cordì era stato rinvenuto senza vita da un gruppo di cacciatori in un’area di montagna, denominata Scialata, di San Giovanni di Gerace, un piccolo comune situato nei pressi di Reggio Calabria.

L’uomo, all’epoca dei fatti, aveva poco più di quarant’anni e due figli. Secondo le successive e accurate indagini, quindi, tutto ha fatto confluire la colpa verso alcune persone che lo circondavano quotidianamente, e soprattutto, a quanto pare, sul rapporto incrinato con la compagna Susanna Brescia.

Comunque sia, in seguito, si sono scoperti altri indizi precisi e determinanti, soprattutto grazie a delle tracce informatiche che hanno ricondotto ai responsabili dell’omicidio.

Naturalmente, quindi, di grande aiuto sono stati gli smartphone degli assassini e anche le telecamere a circuito chiuso chi gli agenti hanno analizzato in maniera certosina.

La decisione della Corte d’Assise

Alla fine, quindi, dopo numerosi accertamenti e una lunga inchiesta, la  Corte d’Assise del tribunale di Locri, presieduta da Amelia Monteleone, si è riunita e ha emesso la sentenza definitiva.

Tribunale di Locri
Veduta dall’alto del Tribunale di Locri (Facebook)

Insomma, nonostante i vani tentativi di Susanna di far credere che si fosse trattato di suicidio, a oggi per lei e per Giuseppe Menniti è stato disposto l’ergastolo, ventitré anni di carcere per Francesco Sfara, e, invece, l’assoluzione per Giuseppe Sfara che si ritiene, quindi, che non abbia commesso il fatto.

Una risoluzione che, stando a quanto è stato riportato, ha soddisfatto le aspettative di Rosamaria Cordì, nonché sorella di Vincenzo. Evidentemente commossa, infatti, non ha potuto fare altro che ringraziare gli inquirenti.

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Il legale della famiglia, comunque, ha affermato che molto probabilmente in seguito ci sarà l’appello. Ciò sta a significare, per l’appunto, che non è ancora finita qui e che questo si può considerare soltanto il primo passo per l’archiviazione di una vicenda orribile come questa.

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