Yara Gambirasio: perché Massimo Bossetti accusa la pm del processo

Il giallo di Yara Gambirasio continua a far discutere a oltre dieci anni dalla morte: perché Massimo Bossetti accusa la pm del processo.

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Massimo Bossetti, condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, anni dopo la sentenza che non gli ha lasciato scampo, continua ancora a proclamare la sua innocenza. A inchiodarlo alle sue responsabilità, come ben sappiamo, è la prova del DNA. Si è giunti a lui al termine di un’indagine molto complessa, nella ricerca di colui che veniva definito come Ignoto 1.

Prove che sembrano inconfutabili, sebbene la difesa del muratore di Mapello si dica convinta che tanto è stato tralasciato. Proprio gli elementi tralasciati sarebbero invece la prova dell’innocenza dell’uomo. Questi elementi sarebbero contenuti nelle 54 provette che riportano la traccia biologica mista di vittima e carnefice.

Perché il legale di Massimo Bossetti continua la sua battaglia

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Tali provette sono state spostate dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio Corpi di reato che si trova dentro al tribunale di Bergamo, che ha giudicato Bossetti. Il cui avvocato, Claudio Salvagni, lancia accuse ben circostanziate da tempo. Innanzitutto, sostiene che Yara Gambirasio non fu uccisa sul luogo del ritrovamento e questo sarebbe già un particolare a favore della difesa.

Ma restiamo alle provette: il loro spostamento le avrebbe in sostanza manomesse, viene spiegato dal legale. Sotto i riflettori finisce il comportamento del pubblico ministero Letizia Ruggeri, che ha rappresentato l’accusa nei confronti di Bossetti nel processo. Cosa è successo? Il 12 ottobre 2018, il muratore viene condannato in via definitiva dalla Cassazione. Il 26 novembre 2019, il suo legale riesce ad accedere per la prima volta ai campioni di Dna.

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Questi sono ritenuti la prova regina, ma il 21 novembre quei campioni erano già stati spostati da Milano verso Bergamo, su richiesta dell’accusa. Ci arrivano il 2 dicembre 2019, ovvero 12 giorni dopo, così il legale di Bossetti accusa il presidente della prima sezione penale del tribunale di Bergamo Giovanni Petillo e la funzionaria responsabile dell’ufficio Corpi di reato.

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La competenza sui magistrati di Bergamo è del tribunale di Venezia, che però ha archiviato la posizione delle due persone chiamate in causa da Salvagni e dal legale accusate di frode processuale e depistaggio. Non ci sono prove di alcun tentativo di depistare le indagini. L’obiettivo dell’avvocato diventa la pm Ruggeri e la mancata analisi di quei 54 campioni. Una vicenda complessa, intanto una petizione in Rete a sostegno di Bossetti ha superato le 15mila firme.

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