Revoca dei domiciliari decisa dalla Cassazione per Fabrizio Corona. Al Corriere della Sera la madre Gabriella ha espresso il suo dolore: «Temo che possa compiere un gesto estremo»
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Fabrizio Corona, ex partner e amministratore dell’omonima agenzia fotografica, è stato coinvolto in diversi procedimenti giudiziari nel corso degli anni. Nel 2015 è stato condannato a 13 anni e 2 mesi di reclusione per reati continuati e dal dicembre 2019 agli arresti domiciliari per motivi terapeutici. Ma adesso la Prima sezione penale della Corte Suprema ha stabilito che il ricorso presentato dai suoi avvocati è inammissibile. E l’imprenditore italiano, da tempo ricoverato nel reparto psichiatrico del Niguarda di Milano, sembra aver reagito male alla notizia del suo ritorno in carcere. La sua “ribellione” sotto forma di sciopero della fame sta continuando, e la madre Gabriella ha dichiarato angosciata al Corriere: «Si sente vittima di un’ingiustizia e di accanimento».
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«Temo che Fabrizio possa uccidersi»: l’angoscia di mamma Gabriella
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La Cassazione è stata chiara. Il ricorso presentato dagli avvocati dell’ex paparazzo contro la revoca dei domiciliari è inammissibile. Il tribunale di sorveglianza di Milano ha anche disposto il suo ritorno in carcere per scontare i 9 mesi dell’affidamento terapeutico. Gli appelli fatti dalla madre in diversi programmi televisivi per tentare di aiutare Fabrizio sono molteplici, perché secondo le sue parole il figlio verserebbe in una condizione di grave difficoltà. Nel corso dell’intervista rilasciata al Corriere della Sera, la donna è tornata sulla questione e ha nuovamente espresso il dolore straziante che da tempo l’affligge.
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«È molto dimagrito» ha spiegato in riferimento alla visita fatta in ospedale per incontrare Fabrizio. Poi è tornata sul delicato tema della sua salute mentale. Stando alle perizie psichiatriche, Corona soffrirebbe di un disturbo borderline e bipolare associato ad una sindrome depressiva maggiore. Gabriella teme che il figlio, se costretto nuovamente alla reclusione, possa compiere un gesto estremo. Da qui lo straziante appello: «Deve continuare la terapia, se lo rimettono in carcere muore».